"Questo atto di ascolto, di essere
presente, è una vera liberazione" (Jeanne de Salzmann)
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"Sono separato dalla realtà [.]. Questo mi impedisce di rimanere aperto alla totalità di quanto percepisco. [.]
Quando mi dico 'io' mi sento il
centro di tutto. Affermo me stesso. Le cose esistono solo in relazione a me: mi
piacciono, non mi piacciono; questo è bene per me, questo è male per me. Sono
separato, diviso dal tutto. [.] Sono sempre pronto a difendere e sostenere
questo io, questo centro di gravità che, in profondità, non è quello che sono
davvero. Insieme all'affermazione di questo io c'è qualcosa che non si afferma,
che non pretende nulla: qualcosa che è. [.]
Per sentire l'autorità di una
Presenza sottile, dobbiamo oltrepassare il muro dell'ego, delle reazioni mentali
da cui sorge la nozione di 'io'. [.]
Questo io, attorno a cui ruotano
pensieri ed emozioni, non può rilassarsi. Vive nella tensione, è nutrito dalla
tensione.
Questo io ordinario, l'ego, è
sempre preoccupato da cosa piace e cosa non gli piace, in una chiusura perpetua
che si irrigidisce. Desidera, combatte, si difende, confronta e giudica
continuamente. [.] Ed è da questo centro che 'desidero fare': cambiare, avere di
più, migliorare. Voglio diventare questo, voglio ottenere quello. [.] Ma perché
ha questo bisogno esagerato di essere qualcosa, di assicurarsi di esserlo, e di
esprimerlo continuamente? Ha paura di non essere nulla. L'identificazione, nella
sua essenza, non si basa forse sulla paura?
Questo io cerca costantemente di
stabilire una permanenza, di trovare sicurezza. Per questo ci identifichiamo con
ogni sorta di conoscenze e convinzioni. L'esperienza dell'identificazione è
tutto ciò che conosciamo, a cui diamo valore. [.] Tuttavia la vera sicurezza [.]
è possibile solo quando il pensiero è davvero quieto, quando l'azione accumulata
dell'ambizione e del desiderio giungono al termine.
Per vedere ciò che è
devo riconoscere che il mio stato non può essere permanente. Cambia da un
momento all'altro: la mia verità è questo stato di impermanenza. Non devo
cercare di evitarlo o di riporre la mia fiducia in una rigidità che solo
apparentemente mi è d'aiuto. Devo vivere, sperimentare questo stato di
impermanenza e andare avanti a partire da esso. Per questo devo ascoltare. Se
tuttavia ascolto solo quello che voglio sentire, non sarò mai libero. Devo
ascoltare tutto ciò che appare e per ascoltare davvero non devo opporre
resistenza. Questo atto di ascolto, di essere presente, è una vera liberazione.
Sono consapevole delle mie reazioni a tutto ciò che accade in me. [.] Devo
continuare così finché non mi rendo conto che è proprio tutto ciò che conosco a
impedirmi di avvicinarmi al reale, all'ignoto. Devo sentire tutto il
condizionamento del conosciuto, per liberarmene. Allora la mia ricerca di
silenzio, di tranquillità, non sarà una ricerca della sicurezza, ma della
libertà di conoscere l'ignoto.
Quando la mente è più libera e
veramente tranquilla sorge un senso di insicurezza, ma in essa c'è la sicurezza
più completa grazie all'assenza dell'io ordinario. La mente non è più mossa dal
desiderio di 'fare' dell'io, dalle sue richieste, dalle sue ambizioni [.]. In
questa tranquillità tutte le risposte, le reazioni e i movimenti di questo io
vengono lasciati indietro. La mente è in pace, calmata dalla visione di ciò
che è. Si stabilisce un ordine [.]. Sento una sorta di rispetto, e
improvvisamente capisco che è fiducia. Mi fido di quest'ordine, [.] più che di
me stesso. Mi affido a esso con tutto il mio essere" (177-180).
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